La Apple, infatti, ha appena bannato l’utilizzo dei cookie e Google lo farà a breve poiché il loro utilizzo verrà chiuso entro l’inizio del 2022. Ecco chi guadagnerà da questa rivoluzione del web e per quale motivo.
I regolatori dei browser e della privacy
Secondo l’illustre rivista Financial Times, i cookie sono stati negli ultimi periodi presi di mira dai regolatori della privacy ma anche da browser come Safari e Chrome che hanno stravolto il mondo della pubblicità così come era sempre stato concepito dalla nascita di queste piccole “spie”. L’utilizzo dei cookie è importante in ogni fase della pianificazione strategica di una campagna pubblicitaria e per questo motivo la loro scomparsa è un duro colpo per le aziende che intendono farsi pubblicità online soprattutto perché tecnicamente non esiste ancora nulla che possa svolgere la stessa funzione. Per capirne l’importanza basti pensare all’azienda Criteo, un gruppo di adtech di origine francese, che dall’inizio della lotta ai cookie ha visto diminuire il suo volume di affari da 3,5 miliardi di dollari a meno di uno. Un colpo enorme e legato alla scarsa possibilità di usare i cookie che sta causando danni anche a molte altre aziende che operano sul web.
Adattarsi al cambiamento per la sopravvivenza
Ora che la guerra ai cookie è ormai una realtà assodata, occorre ripensare al modo di fare pubblicità online dopo che per 25 anni era stato utilizzato questo sistema. Non è ancora chiaro, però, né quali saranno le aziende che riusciranno a trovare una strada alternativa né quale possa essere la stessa che consenta di ottenere gli stessi effetti dei cookie senza però ledere il concetto di privacy degli utenti. Le azioni di Criteo, ad esempio, hanno avuto un calo vertiginoso pari quasi ad un quarto del loro valore totale dopo che Google ha annunciato, a gennaio 2020, che da lì ad un paio di anni Chrome avrebbe smesso di utilizzare i cookie. Tuttavia mercati finanziari sono stati più clementi con altri gruppi del settore, come Rubicon Project e The Trade Desk, probabilmente perché questi possono contare su un mix di attività che non si esaurisce con la sola pubblicità online. La corsa alle soluzioni alternative è iniziata ma è solo ai suoi primi passi e l’esito di questa ricerca è quanto mai incerta e in bilico.
La scomparsa dei cookie…ma non tutti
Un punto fondamentale di questa annosa questione è dato dal fatto che non tutti i cookie stanno davvero scomparendo. Restano saldamente al loro posto i cookie proprietari ossia quelli che vengono creati dai siti visitati dall’utente per memorizzare il nome e gli acquisti: questa tipologia di cookie, infatti, non è influenzata dai tracker e per questo motivo negli ultimi tempi la loro importanza per riuscire a personalizzare gli annunci è davvero molto aumentata. Questa particolarità sposta l’asse del potere. Prima, infatti, Internet era un mondo completamente aperto e libero e tutti i siti potevano tracciare i dati di proprio interesse; oggi, invece, ci sono sempre più limitazioni che comportano tanti mondi chiusi e una scarsa circolazione di informazioni. In una situazione del genere, colossi come Google e Facebook diventano gli attori principali perché possono contare su un’immensa mole di dati derivati dal numero enorme di utenti registrati, un patrimonio che può fare gola a molte aziende piccole che sono disposte a pagare anche a peso d’oro una profilazione del genere.
I vantaggi di Google dall’addio ai cookie
Secondo il Financial Times a trarre maggior vantaggio da tutta questa situazione sarà certamente Google. Infatti in questo panorama di restrizioni, Chrome diventerà uno strumento sempre più indispensabile per tutti quei siti che vogliono investire in pubblicità online perché uno dei pochi detentori dei dati di infiniti target di riferimento che possono incontrare le esigenze dei siti investitori. Secondo esperti del settore come Sean Kumar e Tim Nollen, intervistati dal FT, Google ovviamente non si prodigherà per realizzare un sistema di annunci pubblicitari che sia equo per tutte le parti in causa ma le sue iniziative saranno tese a favorire i suoi affari, antitrust permettendo. Google in questo momento è il detentore del potere ed ovviamente farà di tutto per far valere questa predominanza.
Le opzioni possibili per ridurre la dipendenza da cookie
A tutte quelle aziende indipendenti che operano nell’adtech, allora, non resta che provare a disintossicarsi dall’uso dei cookie e trovare il sistema per farlo il più in fretta possibile. Come? La strada non è certo semplice e soprattutto è lastricata di rischi. Il primo e più naturale rimedio potrebbe essere quello di trovare un sistema che sia in grado di replicare in modo perfetto la funzione dei cookie. Alcuni tentativi sono stati fatti con altri sistemi di tracciamento dati che si basano sull’utilizzo delle impronte digitali ma questa strada è stata velocemente abbandonata perché si corre il rischio di venire meno alle norme per la tutela della privacy. Questa strada, dunque, si è rivelata molto più complessa di quanto inizialmente si potesse immaginare. La seconda alternativa, invece, potrebbe essere per le aziende che si occupano di adtech quella di virare su forme pubblicitarie che sfruttino mezzi come i dispositivi mobile e i relativi televisori collegati. Anche in questo caso, però, potrebbero sorgere problemi legati alla tutela della privacy tali da bloccare la campagna pubblicitaria. Non esiste, quindi, ancora una soluzione univoca ma le proposte e i tentativi non mancano per battere lo strapotere che da qui a breve Google eserciterà sull’advertising online.
Una nuova sfida: garantire l’anonimato
È sempre il Financial Times a riportare un’iniziativa varata dall’Interactive Advertising Bureau, un ente che si occupa a livello globale di pubblicità e advertising online. Suo è il tentativo di creare degli standard di settore che possano essere un paracadute per le aziende che si preparano a vivere un mondo online post cookie. Il futuro che si prefigura è quello di un Internet che non solo faccia a meno di cookie di terze parti ma anche di ID mobile, per cui si può dire che sarà completamente anonimo, totalmente inutilizzabile per quelle aziende che oggi sfruttano questi tracciamenti per poter gestire efficaci campagne di comunicazione online. La soluzione al problema dei cookie, quindi, risiederà in una nuova forma di pubblicità che saprà garantire totalmente l’anonimato degli utenti e che si baserà sul loro pieno consenso. Secondo il Project IAB Rearc questo sistema potrebbe basarsi sull’utilizzo degli indirizzi mail oppure sugli accessi crittografati ma anche questa soluzione potrebbe comportare problemi di privacy quindi al momento ogni strada è aperta e nessuna alternativa ancora segnata. Gli esperti del settore, piuttosto, puntano l’attenzione su ciò che decideranno di fare gli inserzionisti, dibattuti se individuare una modalità di lavoro alternativa ai cookie piuttosto che affidarsi totalmente ai giganti come Facebook e Google.
Conclusioni
Il mondo dell’advertising online così come lo abbiamo sempre conosciuto sta per morire, stritolato da una legge sulla privacy sempre più restrittiva e la guerra ai cookie che è stata lanciata sia da Apple che da Google. A sparire, però, saranno solo i cookie di parti terze e questo, se da un lato penalizza le piccole aziende del settore, dall’altro pone proprio Google e altri social come Facebook in una posizione di grande vantaggio poiché diventeranno gli unici detentori di grandi quantità di dati personali. Difficile dire come si muoverà il microcosmo dell’advertising di fronte a questo epocale cambiamento. Se da una parte, infatti, le aziende si muovono per trovare sistemi alternativi all’utilizzo dei cookie, dall’altro devono scontrarsi sulle norme della privacy sempre più restringenti che non accenneranno ad allentare le loro maglie. Gli esperti del settore preannunciano che da qui al 2022 la sfida della pubblicità online sarà vinta da tutti quegli operatori che sapranno garantire forme di comunicazione commerciale basate sull’anonimato degli utenti oppure sul loro esplicito consenso al trattamento dei dati. La partita è ancora molto aperta e per il momento è davvero difficile intravedere quale sarà la soluzione anche perché molti tentativi sono in atto ma nessuno è ancora riuscito a convincere del tutto gli inserzionisti e gli operatori del mercato che potrebbero decidere di rivolgersi per maggiore comodità a Google e Facebook, consegnando di fatto nelle loro mani il monopolio del mercato dell’avertising.